Artling Special Guest: CLAUDIO SERRAPICA


ARTLING Ospite Speciale: > Claudio Serrapica
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©Copyright 2005 Serrap

"...Non portare
Pessimismo
Invidia
Sfiducia
Abbandono
Gelosie
Indolenza
Malcontento
Non Rompere"
Appunti di una filosofia vissuta, testimonianza,
manifesto di un eterno sorriso, il sorriso
di uno spirito libero come Claudio Serrapica.
Nel fissare il fugace è la sua arte, nell'energia
di vita irresistibile, senza riguardo e precipitosa
ma, allo stesso tempo, ingenua e innocente
di un profondo sorriso amichevole....

(Presentazione di Mauro Nobilini 14 febbraio 2005)





Biografia:

Claudio Serrapica (1940-1994) ha dedicato la sua vita alla fotografia. Trasferitosi da Napoli nei primi anni ’60 a Bologna, ha dapprima lavorato con lo Studio Villani, poi, nel 1971 (o ’72) ha aperto il suo studio fotografico con il collega e amico Paolo Frascaroli,
in Via San Petronio Vecchio.Fra le pile di fotografie di box e baseball, i suoi sport preferiti, e negativi di musicisti jazz, documentazioni fotografiche di artisti passati o residenti in Bologna: Urs Luthi, Marina Abramovic e Ulay, Hermann Nitsch, Pier Paolo Calzolari, Giovanni Mundula e tanti altri.

Le immagini “vere” di Claudio Serrapica (1940-1994)

Stefano Pasquini

È difficile scrivere di Claudio Serrapica, un fotografo napoletano stabilitosi a Bologna, che morì dieci anni fa, perchè è stato prima di tutto un amico. Mi manca passare la giornata con lui a fare fotografie nei parchi. Lui era uno spirito libero, ed improvvisamente annunciava un giorno di vacanza per andare a zonzo con un adolescente amante della fotografia, quale ero io nel 1987. Quello che non sapevo di Claudio al tempo era che lui era stato in giro con chiunque contasse qualcosa ai tempi in cui Bologna era ancora una città viva, e cose ne succedevano davvero. Arrivò a Bologna da Napoli nei primi anni sessanta con in tasca un pezzo di carta che attestava la sua capacità di fare fotografie, una macchina fotografica TTL, e poco altro. Lavorò qua e là per fotografi, tra cui l’illustre Studio Villani, per poi fondare, nei primi anni settanta, il suo studio fotografico. Assieme al collega Paolo Frascaroli aprirono in pieno centro cittadino, in una piccola strada nascosta dietro la facoltà del DAMS. E così il leggendario Studio Serrapica era nato, e pure adesso se chiedi a chiunque abbia più di 40 anni in giro per Bologna, ti diranno certamente che lo conoscevano, e forse avranno anche qualche storia divertente da raccontarti su Claudio. Seppure quello che lui fece per la maggior parte della sua vita fu il tedioso lavoro di fotografare su commissione, non disdegnando nemmeno qualche matrimonio qua e là, la sua energia lo portava a parlare costantemente con chiunque in qualunque situazione, con una particolare attenzione per le figure più strane. Quando entrava in un bar cominciava a parlare con lo strano nell’angolino, con la vecchietta in disparte, con l’adolescente problematico. Non aveva preconcetti su nessuno, ed un’apertura mentale abbastanza inusuale per una provincia, ed un magnetismo particolare per gente eccezionale. Alcune delle quali si ricordò di fotografare. Già, perché sebbene la sua vita fosse incentrata sulla fotografia, spessissimo andava in giro senza macchina fotografica, o si dimenticava di fotografare Man Ray quando si dice che abbia visitato il suo studio nei primi anni settanta. In un certo senso il suo “fare” riguardo alla fotografia era sempre inncentrato sulla verità, e la maniera quasi casuale in cui fotografava prova che in realtà non era tanto interessato all’estetica della fotografia, né il suo aspetto documentaristico. Voleva l’hic et nunc, il qui ed ora, ed un solo scatto era sufficiente per dire “io c’ero”.

Quando aprì lo studio e dovette guadagnarsi da vivere con la fotografia, accettava qualunque lavoro gli fosse proposto, e non ne fu mai sprovvisto, visto che tutti sapevano che era fotografo, lo consideravano amico e sempre pronto ad accettare di fare favori fotografici. Del resto gli anni settanta non erano esattamente tempi di situazioni lavorative stressanti, per cui giorni passavano senza una commissione, e Claudio trascinava Paolo, poi più tardi il terzo fotografo dello studio, Stefano Stagni, a vedere incontri di boxe e a fare ritratti ai giovani sudati dopo un match, oppure ad eventi d’arte. Bologna in quel periodo era un posto piuttosto interessante. Nel 1975 la prima fiera italiana, Arte Fiera, fu fondata, e l’anno successivo divenne un evento internazionale. Nel 1976 Claudio incontrò Marina Abramovic e Ulay e documentò molti dei loro happening, Urs Luthi, che fece anche una performance nello studio fotografico, Hermann Nitsch, le cui due sole performance a Bologna del 1976 e 1977 furono documentate da Claudio. A lui piaceva la compagnia degli artisti, e capiva che la body art era molto vicina alla sua idea di vita: pensi a qualcosa, lo fai, e sarà vero, perché l’hai fatto tu. Così facendo divenne anche parte di azioni performative, collaborando con Pier Paolo Calzolari (famoso per la sua affiliazione con l’Arte Povera) e Giovanni Mundula, che sarà accompagnato da Claudio in molte delle sue performance. Alla fine degli anni ’70 Claudio arrivò addirittura ad incontrare Andy Warhol durante una mostra al Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Incontrare il re del Pop gli diede il benestare per gettarsi a capofitto dove c’erano i soldi: il mondo della moda. Questo, sfortunatamente per noi, segnò la fine del suo fantastico periodo artistico, quando ogni artista poteva chiamarlo e organizzare una performance in studio lo stesso giorno, ed il giorno seguente sarebbe stato su tutti i giornali. Gli anni ’80 non solo videro lo Studio Serrapica diventare il più rinomato studio fotografico di moda di Bologna, ma videro anche Claudio abbandonare il suo interesse per l’arte contemporanea quasi completamente. Si esaltava parlando dei giovani sconosciuti che esponevano nei bar dell’università; per lui era molto più interessante passare un pomeriggio a parlare con la vecchietta vicina di casa che non andare ai vernissage della gente impellicciata. Questa semplicità di cuore è chiaramente visibile nelle sue prime fotografie: l’erba di un prato, una doppia esposizione di un pilastro e un paesaggio, il quieto fluire dell’acqua di una fontana. Queste sono fotografie che Claudio non mostrerebbe in pubblico, il suo diario di eventi, dettato puramente dalla sua ricerca personale del vero. Un vero che Claudio avrebbe fatto uscire dalla tua bocca in pochi minuti di conversazione, ma che ha condiviso con noi che siamo stati così fortunati di conoscerlo.
(Tratto dal catalogo della mostra "viasanpetroniovecchio13" 2005)




Testimonianze

Ho avuto il privilegio di dividere con Claudio gli ultimi anni delsuo viaggio nella vita quando già aveva passato la macchina fotografica a Paolo e Stefano limitandosi a indirizzare il loro lavoro.

In quegli anni mi diceva di non avere più bisogno della fotografia. Considerava conclusa la sua ricerca sui mezzi e sui materiali, aveva lavorato con i grandi artisti internazionali nel periodo della body art, aveva fatto i ritratti di personaggi importanti e quelli, che più amava, dei ragazzi di strada (gli unici innocenti).

Ma nei nostri viaggi sempre tirava fuori la sua vecchia Nikon manuale….e iniziava a scattare. Escludeva monumenti, paesaggi e foto ricordo per concentrarsi, come sempre aveva fatto, sulla gente fermando, con rapide istantanee, realtà sconcertanti. Questa era la grande capacità di Claudio Serrapica, liberare le persone che incontrava dai propri recinti, mettendone a nudo la loro parte migliore. Claudio era un uomo autenticamente libero che si muoveva nella vita fuori da ogni schema, con una particolare disponibilità ad ascoltare e accogliere chiunque gli si avvicinasse. Questo profondo senso di libertà faceva crollare le barriere difensive di chi gli si avvicinava e di chi veniva da lui fotografato. Per questo aveva tanti amici, persone anche conosciute casualmente e subito attratte da questa insolita energia e da una gioia di vivere che gli ha permesso di scherzare anche in momenti di grande dolore; mai è stato portatore di sentimenti negativi …non portare pessimismo, invidia, sfiducia, abbandono, gelosie, indolenza, malcontento…non rompere…
Nella sua vita l’amicizia ha avuto un ruolo centrale e la più grande prova della giustezza delle sue idee è il fatto che “gli amici” sono ancora uniti dal legame indissolubile da lui costruito.

Edelweiss Paladini


Claudio…

prima di tutto un grande amico sempre presente nel quotidiano,nel lavoro

pronto a suggerire e dare consigli nella vita, come per le foto che cominciavo a scattare.

Avevo 17 anni quando ho iniziato a lavorare con luie questo mi ha permesso di seguire

una grande parte del suo percorso artistico e lavorativo.

Molto l i b e r o , anticonvenzionale e controcorrente nella vita di tutti i giorni,

esigente e perfezionista nel lavoro e nella ricerca personale della fotografia.

Attratto dai movimenti artistici degli anni settanta ha collaborato con molti artisti che,

hanno frequentato assiduamente lo studio in “San Petronio Vecchio 13”nel quale hanno

presentato le loro “perfomances”puntualmente fotografate dall’occhio“particolare”di Claudio.

In verità alcune delle sue geniali foto o invenzioni fotografiche non hanno avuto

il riscontro che avrebbero meritato,perché considerate troppo all’avanguardia, troppo fuori

dal senso comune di vedere. Questo però non è stato mai un problema per Claudio,

semplicemente perché ascoltava soltanto il suo istinto ed il suo particolare modo di vedere le cose.

Grazie ad un grandissimo amico che mi ha mostrato un mondo diverso

ed una via che ho scelto per il mio percoso di vita.

Paolo Frascaroli


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Claudio ha fotografato tantissimo
e per diverso tempo lo si incontrava immancabilmente in compagnia
della sua Nikon con perline colorate. Del suo lavoro è rimasto tantissimo materiale, non catalogato,
forse ancora raggruppato con la casualità del quotidiano.
Non so esattamente cosa stiamo facendo,
ora nello slancio emotivo che ci dà questa esposizione;
forse il pretesto è di ricordarlo pubblicamente dopo dieci lunghi ma veloci anni.
O forse è la necessità di rivedere le foto documento della nostra avventura quotidiana di nuovo appese alle pareti, come punto di riferimento preciso.

Probabilmente l’unico vero e sincero ricordo universale condiviso da tutti noi
che in profonda amicizia l’abbiamo vissuto.

Stefano Stagni

(Testi tratti dal catalogo della mostra di Bologna "viasanpetroniovecchio13" 2005)



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