2012
- 2139

Tibetan New Year

 



2012 - 2139
Acqua Drago

Nuovo Anno Tibetano

Buon Anno Tibetano 2139 Drago di Acqua - primo giorno di luna di primaverile

LINK: http://www.rainews24.it/
(Video "Namkhai Norbu: agire e vivere nelle circostanze" di Luciano Minerva )
-Rai- Intervista a Namkhai Norbu Rimpoche fondatore della Dzogchen Community .


Below are some banner links to important Dzogchen Community sites.

Merigar: the seat of the Dzogchen Community in Europe


ASIA: a non governmental development agency.

The Mirror: Newspaper of the International Dzogchen Community

Working to preserve Tibetan Culture, art & medicine.



Link to Kunselling Pages



Dzogchen Community

Tsegyalgar: North American Seat of the Dzogchen Community www.tsegyalgar.org

Kunsangar: Russian and Central Asian Seat of the Dzogchen Community http://scil.npi.msu.su/pub/religion/dzogchen/index.html

www.dzogchen.ru (in Russian language)

Dzogchen Community in Denmark www.tibet.dk/dzogchen

Dzogchen Community in France www.association-dzogchen.org

Dzogchen Community in UK www.redsandstonehill.net/dzogchen

Dzogchen Community in Austria www.dzogchen.at

Dzogchen Community in Germany www.dzogchen.de

Dzogchen Community in Norway http://go.to/dzogchen.no

Dzogchen Community West Coast USA www.dzogchencommunitywest.org

 

ORGANIZZAZIONI CULTURALI E SENZA SCOPO DI LUCRO
Tibet House, New York
www.tibethouse.org

The Milarepa Fund
Un’organizzazione senza scopo di lucro che promuove mutamenti sociali non-violenti per la causa tibetana.
www.milarepa.org

 

Dzogchen Foundation
www.dzogchen.org

 

2012 - 2139
Tibetan New Year

2012 - 2139
Tibetan New Year

 

 

2010 - 2137
Tibetan Year


[ ENTRA  www.padmanet.com  ENTER ]

[ www.drukpa.org]

ARTLING

[www.tibet.com]

 

[ RU  www.dzog-chen.com  ENTER ] [ www.rigpaitalia.org ENTER ]

 


Dharmapala Thangka Centre, more than 4000 pages of tibetan art, website selected by UNESCO



2009 - 2136
Tibetan Losar

http://www.italiatibet.org/ Associazione Italia-Tibet

S.S.  il Dalai Lama visti i recenti avvenimenti in Tibet, ha cancellato i festeggiamenti del capodanno tibetano

dalle "Note di Giovanni Giotibet Vuono"

Il Governo Tibetano in Esilio ufficializza il "No Losar"
Oggi alle 12.53
Dharamsala 7 Febbraio 2009

Il Governo Tibetano in Esilio (TGE) ha annunciato che per il "Losar" (il tradizionale Capodanno Tibetano)che cade nell'ultima settimana di questo mese, quest'anno non ci saranno festeggiamenti ma solo cerimonie religiose. La decisione è stata presa "tenendo conto della continua repressione in Tibet e di quella ancora più spietata dello scorso anno che ha provocato la morte di centinaia di persone e l'arresto e il carcere per migliaia di tibetani", come riporta il sito web del Governo Tibetano in Esilio. Secondo questa comunicazione, il Kashag, il gabinetto esecutivo dell'Amministrazione Centrale Tibetana (il nostro Consiglio dei Ministri), ha lanciato un appello a tutti i servizi interessati e gli uffici della pubblica amministrazione "di non organizzare fastose e pompose celebrazioni con feste, canti, balli, e di non allestire luminarie e di non fare uso nemmeno dei tradizionali petardi e fuochi artificiali. E in ogni caso nessuno dei membri del Governo parteciperà a festeggiamenti". La direttiva, continua la nota, è stata estesa a "tutto il personale che lavora negli insediamenti tibetani in esilio, gli uffici del Tibet, le scuole e i centri sanitari". Lo scorso Marzo, il popolo tibetano di tutte le province del Tibet storico (e non solo l'attuale Regione Autonoma del Tibet ndr), ha espresso il loro "radicato risentimento contro le politiche sbagliate del governo cinese in Tibet", prosegue il comunicato e secondo i dati finora accertati, "a seguito della brutale repressione ci sono 219 morti, 1294 feriti in modo grave, circa 5600 arrestati e tuttora detenuti in prigione e oltre 1000 persone scomparse nel nulla". La proposta Del "No-Losar" è partita da alcune Organizzazioni Non-Governative che in questo modo vogliono ricordare anche i 50 anni di lotta in esilio. Anche I tibetani in Tibet hanno comunicato che si asterranno dal celebrare il Losar come un gesto di pacifica protesta, e hanno invitato gli altri a fare lo stesso attraverso un intenso passaparola in internet. Tuttavia, all'interno del Tibet, pare che le autorità cinesi incoraggiano i tibetani per celebrare il nuovo anno con sfarzose feste e, in alcuni casi, elargiscono particolari donazioni proprio per incoraggiare i festeggiamenti! Quest'anno, il tradizionale Nuovo Anno Tibetano corrisponde al 2136, Anno del Bue di Terra e secondo il calendario lunare cade esattamente il 25 Febbraio. Due settimane dopo, il 10 Marzo, ricorre il 50mo anniversario della grande rivolta in Tibet del 1959 che segnò anche l'inizio della diaspora tibetana con l'esilio del Dalai Lama in India. Nei giorni attorno al 10 Marzo però, ricorrerà anche l'anniversario delle proteste scoppiate a Lhasa l'anno scorso.

Per queste e altre info e news visita www.giotibet.com

Vi inoltro questo pensiero di S.S.  il Dalai Lama

Per quanto grande sia la vostra venerazione per i Maestri tibetani
e il vostro amore per il popolo tibetano non dite nulla di male sui cinesi.
Le fiamme dell'odio solo si possono estinguere con l'amore
e se il fuoco dell'odio non si estingue é perché l'amore non é sufficientemente forte.



S.S.  il XIV Dalai Lama



Gli inviati del Dalai Lama in Cina:
DICHIARAZIONE DI LODI GYARI

Dharamsala, 8 maggio 2008. Al suo rientro a Dharamsala dalla Cina, Lodi Gyari, inviato speciale del Dalai Lama, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

Ieri, dopo il nostro ritorno dalla Cina, l'inviato Kelsang Gyaltsen ed io, abbiamo avuto l'onore di intrattenerci a colloquio con Sua Santità il Dalai Lama. Si è unito a noi anche il Kalon Tripa , professor Samdhong Rinpoche. Questa mattina abbiamo incontrato anche il Vicepresidente del parlamento, signora Dolma Gyari, essendo il Presidente, signor Karma Choephel, attualmente impegnato in una visita ufficiale.

Il 4 maggio 2008, a Shenzen, in Cina, abbiamo incontrato il Vice Ministro Esecutivo Zu Weiqun e il Vice Ministro Sithar, esponenti del Dipartimento del Fronte Unito per il Lavoro del Partito Comunista Cinese. Vorremmo esprimere agli ospiti il nostro apprezzamento per aver accettato il suggerimento da noi formulato di tenere questo incontro informale a Shenzen e per aver acconsentito che al colloquio partecipassero solo i principali referenti, senza assistenti. Nel corso di questi ultimi anni, Il Vice Ministro Esecutivo Zu Weiqun e il Vice Ministro Sithar sono stati i nostri interlocutori. Questo lungo rapporto ha fatto sì che le nostre discussioni siano state franche e aperte e si siano svolte in un'atmosfera di amicizia e rispetto nonostante la grave e tesa situazione esistente in Tibet.

Avevamo chiesto questo incontro urgente e informale soprattutto per parlare della critica situazione all'interno del Tibet. I punti di vista sulla natura e sulle cause dei recenti, tragici eventi erano molto divergenti e sono stati espressi in modo diretto e sincero. Da parte nostra, abbiamo respinto nel modo più categorico l'accusa, formulata nei confronti del Dalai Lama, di aver istigato le dimostrazioni e la rivolta in Tibet. Abbiamo per contro detto molto chiaramente che quanto avvenuto in Tibet è l'inevitabile conseguenza delle politiche errate che le autorità, ormai da molti anni, attuano nei confronti dei tibetani. La recente crisi è un chiaro sintomo del profondo malcontento e del risentimento dei tibetani. Ora è nostro compito affrontare i legittimi problemi del popolo tibetano in modo realistico e costruttivo.

Abbiamo affermato l'importanza di porre fine alla repressione in atto in tutto il Tibet. Abbiamo chiesto il rilascio dei prigionieri, l'assistenza medica per i feriti e il libero accesso al paese dei visitatori, compresi i mezzi d'informazione. Abbiamo inoltre chiesto la cessazione della campagna di "ri-educazione patriottica", profondamente invisa al popolo tibetano.

Abbiamo altresì respinto l'accusa di sabotaggio dei Giochi Olimpici formulata nei confronti di Sua Santità il Dalai Lama. Al contrario, abbiamo chiaramente affermato che il Dalai Lama, fin dall'inizio, ha sostenuto in modo fermo e inequivocabile i Giochi Olimpici di Pechino.

Nonostante i diversi punti di vista su importanti questioni, entrambe le parti hanno manifestato la volontà di trovare una linea comune per affrontarle. A questo proposito, ognuna delle due parti ha avanzato proposte concrete che potrebbero entrare nella prossima agenda. Si è convenuto di continuare la sessione formale degli incontri. Appena le parti si saranno reciprocamente consultate, sarà fissata la data della settima tornata dei colloqui.

Apprezziamo la recente dichiarazione del Presidente Hu Jintao il quale ha affermato che il suo governo è "serio" circa il dialogo e che il Dalai Lama è una persona "coscienziosa e responsabile". Quest'affermazione è d'incoraggiamento, in un momento di crescente scetticismo circa la sincerità della Cina a risolvere il problema del Tibet attraverso il dialogo.

Dharamsala

8 maggio 2008

 



Appello di Sua Santità il Dalai Lama
Desidero esprimere il mio apprezzamento e la mia gratitudine ai leaders mondiali,
ai membri dei parlamenti, alle ONG e a tutti quanto hanno espresso la propria preoccupazione
su quanto è recentemente accaduto in Tibet:
eventi molto dolorosi e tragici. Sono molto grato anche per gli sforzi compiuti per persuadere
le autorità cinesi ad esercitare autocontrollo
nel confrontarsi con le proteste pacifiche, e per chiedere che la questione sia affrontata
attraverso un dialogo autentico.
Credo che le recenti proteste e dimostrazioni siano una manifestazione
del profondo risentimento del popolo Tibetano
apparteente alla cosiddetta Regione Autonoma del Tibet,
ma anche dei residenti nelle aree di tradizione tibetana
attualmente inglobate nelle provincie di Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan,
dove resistono consistenti comunità tibetane.
Fonti degne di fede riportano che le autorità cinesi hanno schierato
consistenti contingenti di truppe in queste aree tradizionalmente tibetane,
ed hanno non solo cominciato a reprimere pesantemente i tibetani
sospetti di aver preso parte alle dimostrazioni,
ma anche isolato le aree in cui le proteste sono scoppiate.
Di conseguenza mi appello a voi e chiedo che continuiate a sostenerci
chiedendo una cessazione immediata della crisi attuale,
il rilascio di tutte le persone arrestate ed imprigionate,
e adeguate cure mediche per i feriti.
In particolare ci preoccupa la mancanza
di strutture mediche adeguate;
risulta infatti che molti Tibetani feriti abbiano paura di rivolgersi
ad ospedali e cliniche gestite dai cinesi.
Vi chiedo anche di insistere per l'invio di una delegazione internazionale indipendente
con l'incarico di fare chiarezza
sulla sollevazione e sulle sue cause profonde, come pure di consentire ai media
e a team sanitari internazionali di visitare le aree coinvolte.
La sua presenza infatti potrebbe donare un senso di sicurezza alla popolazione tibetana,
e costituire un fattore di controllo sulle autorità cinesi.

SUA SANTITA' IL DALAI LAMA
2 Aprile 2008

Avviso > mail del Centro Studi Cenresig

Cari amici,
in questi giorni le notizie che circolano sulla situazione in Tibet, soprattutto via Internet,
sono tante ma non sempre attendibili.
Per questo motivo vorremmo segnalarvi, tra gli altri,
i link di tre siti sicuramente affidabili:

www.savetibet.org
www.italiatibet.org
www.phayul.com


Anche il sito
www.repubblica.com
sta seguendo con attenzione e puntualità l'evoluzione dei fatti.
Vi invitiamo pertanto a verificare, per quanto possibile, la veridicità delle informazioni
che circolano in rete in quanto possono essere controproducenti rispetto
al legittimo desiderio di essere d'aiuto alla causa tibetana.
Vi informiamo anche che la petizione di Avaaz (http://www.avaaz.org/it/tibet_end_the_violence/),
segnalata a suo tempo, ha raggiunto 1,5 milioni di firme e punta a raggiungere quota 2 milioni.
Cogliamo infine l'occasione per trasmettervi le ultime due dichiarazioni pubbliche
di Sua Santità il Dalai Lama dall'India.

Un caro saluto
Centro Studi Cenresig
327/7367856
www.cenresig.org

Comunità Tibetana

tibetancommunityitaly@yahoo.com wrote: 

Comunicato stampa, 1 aprile 2008

La comunità tibetana in Italia e l'associazione delle donne tibetane in Italia condanna

duramente la brutale repressione in Tibet dal regime cinese e esprime

la propria preoccupazione per i migliaia

di tibetani arrestati. Dichiariamo che la nostra  è una lotta di verità contro la menzogna,

non violenza contro la violenza e basta uccidere i Tibetani, chiediamo che prevalgano

i valori universali di pace,

la  vita  e la democrazia e non il regime autoritario che disprezza la libertà 

e non si  cura dell’opinione pubblica mondiale.

Condanniamo anche le nazioni unite perchè ignorano la crisi tibetana e anche COI

di essere complice del regime Cinese e di non aver fatto alcuna pressione sulla Cina

affinché mantenga la promessa,

fatta in occasione dellassegnazione dei Giochi Olimpici a Pechino,

di migliorare i diritti umani.

NOI:
    
        1 Chiediamo che un ente investigativo internazionale e indipendente sia mandato in Tibet
    
        2 Chiediamo che  sia dato immediatamente  libero accesso  alla stampa in Tibet
    
        3 Chiediamo immediatamente  la fine della brutale repressione in tutto il Tibet
    
        4 Chiediamo che vengano rilasciati tutti i prigionieri politici e i tibetani arrestati.
    
        5 Chiediamo che venga fornita immediatamente lassistenza medica ai tibetani feriti.
    
        6 Chiediamo il  libero movimento del popolo tibetano  per l’accesso alle necessità quotidiane.
    
    


Comunità Tibetana in Italia

www.comunitatibetana.org

328 7438279 / 328 3141501

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Centro Studi Cenresig
327 7367856

www.cenresig.org

 

 

Un Appello al Popolo Cinese da parte di Sua Santità il XIV Dalai Lama


Oggi vorrei salutare con il cuore i miei fratelli e sorelle cinesi nel mondo,
in particolare quelli nella Repubblica Popolare Cinese. Alla luce dei recenti sviluppi in Tibet, vorrei condividere con voi i miei pensieri riguardo le relazioni tra il popolo tibetano e il popolo cinese, a fare un mio personale appello a tutti voi. Sono profondamente rattristato dalla perdita di vite umane nei recenti tragici fatti in Tibet. Sono consapevole che anche alcuni cinesi sono morti. Sento dolore per le vittime e le loro famiglie e prego per loro.
La recente rivolta ha chiaramente dimostrato la gravità della situazione in Tibet e l'urgente bisogno di cercare una soluzione pacifica e mutualmente benefica attraverso il dialogo. Anche in questo frangente ho espresso alle autorità cinesi la mia volontà di lavorare insieme per portare pace e stabilità. Fratelli e sorelle cinesi, vi assicuro che non ho il desiderio di cercare la separazione del Tibet. Né ho il desiderio di alimentare divisioni tra il popolo tibetano e il popolo cinese. Al contrario il mio impegno è sempre stato quello di cercare una soluzione genuina al problema del Tibet, in grado di garantire gli interessi a lungo termine sia dei cinesi che dei tibetani. La mia principale preoccupazione, come ho ripetuto molte volte, è di garantire la sopravvivenza della cultura, della lingua e dell'identità distintivi del popolo tibetano. Come semplice monaco che si sforza di vivere la sua vita quotidiana in accordo ai precetti Buddhisti, vi assicuro la sincerità della mia motivazione. Mi sono appellato al governo della Repubblica Popolare Cinese perché comprendesse chiaramente la mia posizione e lavorasse per risolvere questi problemi "cercando la verità a partire dai fatti." Chiedo al governo cinese di mostrare saggezza e di iniziare un dialogo significativo con il popolo tibetano. Inoltre mi appello a loro affinché compiano sinceri sforzi per contribuire alla stabilità e all'armonia della Repubblica Popolare Cinese e per evitare di creare incrinature tra le nazionalità. Il quadro dei recenti eventi in Tibet mostrato dai media di stato, in cui sono state usate immagine false e distorte, potrebbe diffondere i semi della tensione razziale con conseguenze imprevedibili a lungo termine. Questa è per me una grave preoccupazione. Similmente, nonostante il mio ripetuto sostegno alle Olimpiadi di Pechino, le autorità cinesi, con l'intenzione di creare una frattura tra me e il popolo cinese, ha affermato che sto cercando di sabotare i Giochi. Sono incoraggiato, tuttavia, dal fatto che anche molti intellettuali e studiosi cinesi hanno espresso la loro forte preoccupazione riguardo le azioni del governo cinese e il rischio che esse portino a conseguenze negative a lungo termine, in particolare nelle relazioni tra le diverse nazionalità. Fin dall'antichità, il popolo tibetano e il popolo cinese hanno vissuto come vicini. Nella storia conosciuta dei nostri popoli, lunga 2000 anni, qualche volta abbiamo sviluppato relazioni amichevoli, anche formando vere e proprie alleanze, mentre in altre occasioni ci siamo combattuti a vicenda. Tuttavia, da quando il Buddhismo è fiorito in Cina, prima ancora di arrivare in Tibet dall'India, noi tibetani abbiamo storicamente accordato al popolo cinese il rispetto e l'affetto dovuti a fratelli e sorelle di Dharma anziani. Questo è ben noto a tutti i membri della comunità cinese che vivono fuori dalla Cina, alcuni dei quali hanno assistito ai miei insegnamenti Buddhisti, così come ai pellegrini provenienti dalla Cina che ho avuto il privilegio di incontrare. Prendo coraggio da questi incontri e sento che potrebbero contribuire a una migliore comprensione tra i nostri due popoli. Il ventesimo secolo è stato testimone di enormi cambiamenti in molte parti del mondo e anche il Tibet è stato coinvolto in questa turbolenza. Subito dopo la nascita della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, l'Esercito di Liberazione Popolare è entrato in Tibet e questo ha portato, alla fine, all'Accordo in 17 Punti stipulato tra la Cina e il Tibet nel Maggio 1951. Quando sono stato a Pechino nel 1954-55, per assistere al Congresso Nazionale del Popolo, ho avuto l'opportunità di incontrare, e di sviluppare con loro un'amicizia personale, molti leader anziani, compreso lo stesso Presidente Mao. In effetti, il Presidente Mao mi ha dato consigli su numerosi temi, così come assicurazioni personali riguardo il futuro del Tibet. Incoraggiato da queste assicurazioni, e ispirato dalle dediche di molti leader rivoluzionari cinesi del tempo, sono tornato in Tibet pieno di fiducia e ottimismo. Alcuni membri tibetani nel Partito Comunista avevano la stessa speranza. Dopo il mio ritorno a Lhasa, ho compiuto ogni possibile sforzo per cercare una genuina autonomia del Tibet all'interno della famiglia della Repubblica Popolare Cinese. Credevo che questo avrebbe garantito gli interessi a lungo termine sia del popolo tibetano che di quello cinese. Sfortunatamente, le tensioni, che iniziarono ad aumentare in Tibet dal 1956 circa, alla fine condussero all'insurrezione pacifica del 10 Marzo 1959, a Lhasa, e alla mia fuga finale verso l'esilio. Benché in Tibet vi siano stati molti aspetti positivi di sviluppo sotto le regole della Repubblica Popolare Cinese, essi, come sostenne il precedente Panchen Lama nel Gennaio 1989, furono oscurati da immense sofferenze ed estese distruzioni. I tibetani furono costretti a vivere in uno stato di costante paura, mentre il governo cinese continuava a trattarli con sospetto. Tuttavia, invece di coltivare inimicizia verso i leader cinesi responsabili della spietata soppressione del popolo tibetano, li ho pregati di diventare amici, come ho espresso in questi versi in una preghiera composta nel 1960, un anno dopo il mio arrivo in India: "Possano ottenere l'occhio della saggezza che discerne ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e possano dimorare nella gloria dell'amicizia e dell'amore." Molti tibetani, tra cui i bambini a scuola, recitano questi versi nelle loro preghiere quotidiane. Nel 1974, in seguito a serie discussioni con il mio Kashag, così come con il suo Portavoce e il Portavoce dell'Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano dell'epoca, abbiamo deciso di trovare una via di mezzo che non cercasse di separare il Tibet dalla Cina, ma che facilitasse lo sviluppo pacifico del Tibet. Benché non avemmo contatti a quel tempo con la Repubblica Popolare Cinese – che era nel pieno della Rivoluzione Culturale – riconoscemmo già che, prima o poi, avremmo dovuto risolvere la questione del Tibet attraverso il negoziato. Ammettemmo anche che, se non altro in relazione alla modernizzazione e allo sviluppo economico, il Tibet avrebbe tratto un grande beneficio dal rimanere all'interno della Repubblica Popolare Cinese. Benché il Tibet abbia una tradizione culturale ricca e antica, è poco sviluppato da un punto di vista materiale. Situato sul tetto del mondo, il Tibet è la fonte di molti dei principali fiumi asiatici, quindi la tutela dell'ambiente sull'altopiano tibetano è di suprema importanza. Dato che la nostra massima preoccupazione è di salvaguardare la cultura Buddhista tibetana – radicata nei valori della compassione universale – così come la lingua tibetana e l'identità tibetana, abbiamo lavorato con tutto il cuore per ottenere norme autodeterminate che fossero ricche di significato per tutti i tibetani. La costituzione della Repubblica Popolare Cinese fornisce il diritto alle diverse nazionalità, come i tibetani, di fare questo. Nel 1979, l'allora principale leader cinese, Deng Xiaoping assicurò al mio emissario personale che, "a parte l'indipendenza del Tibet, tutte le altre questioni potevano essere negoziate." Dato che avevamo già formulato il nostro tentativo di cercare una soluzione alla questione tibetana all'interno della costituzione della Repubblica Popolare Cinese, ci sentivamo in una buona posizione per rispondere a questa nuova opportunità. I miei rappresentanti hanno incontrato molte volte ufficiali della Repubblica Popolare Cinese. Fino al rinnovo dei contatti nel 2002, avevamo avuto sei giri di incontri. Tuttavia, non c'era stato alcun tipo di risultato sui temi fondamentali. Ciononostante, come ho dichiarato più volte, rimango fermamente impegnato nell'approccio della Via di Mezzo e ribadisco qui la mia volontà di continuare a perseguire il processo del dialogo. Quest'anno il popolo cinese sta aspettando orgogliosamente e ardentemente l'apertura dei Giochi Olimpici. Ho, fin dal principio, sostenuto la candidatura di Pechino a ospitare i Giochi. La mia posizione rimane invariata. La Cina ha la popolazione più numerosa del mondo, una lunga storia e una civiltà estremamente ricca. Oggi, grazie al suo impressionante progresso economico, sta emergendo come una grande potenza. Questo deve certamente essere benvenuto. Ma la Cina ha anche il bisogno di guadagnarsi il rispetto e la stima della comunità globale attraverso lo stabilirsi di una società aperta e armoniosa, basata su principi di trasparenza, libertà, e rispetto della legge. Ad esempio, fino ad oggi le vittime della tragedia di Piazza Tienanmen, che ha colpito dolorosamente la vita di così tanti cittadini cinesi, non hanno ancora ricevuto né il giusto risarcimento né alcuna risposta ufficiale. Allo stesso modo, quando migliaia di normali cittadini cinesi nelle aree rurali soffrono di ingiustizie per mano di ufficiali locali disonesti e corrotti, le loro legittime lamentele vengono o ignorate o trattate in modo aggressivo. Esprimo queste preoccupazioni sia in quanto essere umano simile a loro, sia come qualcuno che è preparato a considerarsi un membri della grande famiglia che vive nella Repubblica Popolare Cinese. A tale proposito, apprezzo e sostengo la politica del Presidente Hu Jintao di creare una "società armoniosa", ma questa può sorgere solo sulla base della fiducia reciproca e in un'atmosfera di libertà, incluse la libertà di parola e il rispetto della legge. Credo fortemente che se si abbracciassero questi valori, si potrebbero risolvere molti importanti problemi relativi alle nazionalità di minoranza, come ad esempio la questione del Tibet, così come del Turkistan Orientale, o della Mongolia Interna, dove il popolo nativo oggi costituisce solo il 20% della popolazione totale di 24 milioni di abitanti. Ho sperato che la recente affermazione del Presidente Hu Jintao, secondo cui la stabilità e la sicurezza del Tibet riguardano la stabilità e la sicurezza del paese, potesse annunciare l'alba di una nuova era per la soluzione dei problemi del Tibet. Sfortunatamente, nonostante i miei sinceri sforzi di non separare il Tibet dalla Cina, i leader della Repubblica Popolare Cinese continuano ad accusarmi di essere un "separatista". Allo stesso modo, quando i tibetani a Lhasa e in molte altre aree hanno protestato spontaneamente per esprimere il loro radicato risentimento, le autorità cinesi mi hanno immediatamente accusato di aver orchestrato queste dimostrazioni. Ho chiesto una completa indagine da parte di organi competenti per analizzare questa accusa. Fratelli e sorelle cinesi – ovunque voi siate - con profonda preoccupazione mi appello a voi perché aiutiate a disperdere le incomprensioni tra le nostre due comunità. Inoltre, mi appello a voi per aiutarci a trovare una soluzione pacifica e duratura al problema del Tibet attraverso il dialogo, nello spirito della comprensione e della disponibilità.


Con le mie preghiere,
Dalai Lama

28 Marzo 2008


Nota:
tradotto dall'originale tibetano
Tseten Samdup Chhoekyapa
Rappresentante di Sua Santità il Dalai Lama

 

 

 

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    FREE TIBET
Comunicato a nome di tutti i Centri della Fondazione 
       per la Preservazione della Tradizione Mahayana in Italia:
Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia (PI)
       Centro Terra di Unificazione EWAM di Firenze
       Centro Cenresig di Bologna
       Centro Tara Cittamani di Padova
       Centro Lama Tzong Khapa di Villorba (Treviso)
       Centro Sangye Choling di Sondrio
       Centro Kushi Ling di Arco di Trento
       Centro Muni Ghiana di Palermo
       Associazione Yeshe Norbu
       Shinè
       Chiara Luce Edizioni
Gli eventi in Tibet di questi giorni riportano alla luce una tragedia che si consuma 
   da oltre 50 anni sotto gli occhi indifferenti e talora complici della comunità internazionale.
I centri Fpmt italiani, congiuntamente, esprimono solidarietà al Dalai Lama e al popolo tibetano 
       e condanna del regime totalitario cinese che alla forza della ragione e del dialogo antepone 
       gli strumenti della violenza, dell’intimidazione e della menzogna.
       Si esprime piena condanna di un potere corrotto e antidemocratico che ricorre alla forza militare 
       nell’incapacità di giustificare la violazione dei più elementari diritti dell’uomo anche all’interno 
       del suo stesso territorio.
       In questo contesto non si può tacere la complicità di stati e organismi internazionali 
       che al rispetto delle fondamentali regole di convivenza tra i popoli antepongono l
       ogiche commerciali barattando valori e principi in cambio di ritorni economici.
I centri FPMT si appellano alla responsabilità della comunità internazionale e in particolare 
   al governo italiano, a tutti i partiti politici con i loro leader affinché, superando il velo diplomatico:
 *  Si faccia pressione per l'avvio di una inchiesta internazionale per l’accertamento 
   di quanto sta avvenendo in Tibet sostenendo l’appello di Sua Santità il Dalai Lama
       *  Si chieda con fermezza alla Cina la cessazione immediata della sanguinosa repressione  in atto 
       in questi giorni in Tibet 
 *  Si chieda con estrema decisione alla Cina l’avvio di trattative con il Governo tibetano
       per la soluzione pacifica della questione sino-tibetana.
 *  Si esiga dalle autorità cinesi passi concreti per il rispetto dei diritti umani in cambio 
   dell’opportunità economica e mediatica rappresentata dalle prossime Olimpiadi
     
Nel mondo sta crescendo una spirale di odio, violenza e ritorsione, insieme alla terribile convinzione 
       che non ci siano alternative.
       Il Tibet ha donato al mondo la prova che esiste una via diversa, dimostrando che un popolo perseguitato 
       può lottare per la propria libertà attraverso verità, fermezza e non violenza.
       Non lasciamo soli i Tibetani nella loro coraggiosa e pacifica lotta per l’affermazione dei principali 
       valori e diritti umani.
Di seguito alcune note che in estrema sintesi riassumano la questione tibetana:
       La cultura del Tibet con i suoi valori di tolleranza e non violenza profondamente radicati nella popolazione, 
 è un patrimonio dell'intera umanità che rischia di scomparire per sempre.
 Tra l'indifferenza della comunità internazionale, nel 1959 l'Esercito Popolare Cinese completò l'occupazione 
 del Tibet iniziata nel 1950, annettendo un territorio vasto come la metà dell'Europa e aprendosi la strada 
       in direzione dell'Asia meridionale.
       Nell’arco di un cinquantennio, per vincere il radicato spirito di indipendenza dei tibetani, il governo cinese 
       ha messo in atto un programma sistematico di eliminazione di tutti i punti di riferimento culturale e religioso 
       che ha portato alla distruzione quasi totale di scuole, biblioteche, luoghi di culto e opere d'arte sacra risalenti 
spesso a più di mille anni or sono.
Si calcola che in questi quattro decenni oltre 1.200.000 tibetani siano morti a causa della repressione e 
       degli sconvolgimenti sociali ed economici che ne sono derivati.
       In questa tragedia non c'è solo la sofferenza umana, ma anche il rischio della scomparsa di una autentica 
       cultura di pace basata sugli insegnamenti buddhisti di non violenza e di rispetto degli altri, l'esempio 
       concreto che un popolo oppresso può lottare per i propri diritti senza perdere la propria umanità.
       Oltre al Dalai Lama, premio Nobel per la pace 1989, più di 135.000 dei sei milioni di tibetani si sono rifugiati 
       in India e Nepal per sfuggire alla persecuzione religiosa e cercare di preservare le basi della loro cultura, 
       e ancora oggi continuano ad arrivare numerosi nei campi profughi.
Tra queste persone ci sono uomini e donne di ogni età e molti bambini, e in questi quattro decenni ne sono nati 
       molti altri, spesso in condizioni proibitive.
       Nell'aria tersa dell'altipiano Tibetano le malattie infettive erano praticamente sconosciute, ma nei campi 
       profughi tubercolosi, malaria e denutrizione hanno imperversato per lunghi anni, prima che alcune organizzazioni
       umanitarie riuscissero a mitigare la situazione.
       In Tibet vi era una antica civiltà non tecnologica, ma estremamente progredita nella conoscenza dell'uomo: 
       infatti il Buddhismo è una scienza della mente e una filosofia di vita oltre che una religione.
http://www.italiatibet.org/
Associazione Italia-Tibet

 

 






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