FRANCESCA GHERMANDI
INTERVIEW by Anna Bagnoli
1. nelle sue opere il disegno nasce prima della storia, la genera con le sue atmosfere.
Be’, diciamo che fino ad ora mi è capitato prevalentemente così.
Da cosa parte allora la scelta di una tecnica di disegno rispetto ad un'altra?
Più tecniche si conoscono più puoi adattare adeguatamente le cose che vuoi raccontare. se si usa sempre uno stesso procedimento, anche ciò che si racconta non avrà più di tante variazioni. e poi a me piace essere la prima spettatrice delle mie storie, vorrei sempre rimanerne stupita e intrigata. mi annoia lavorare troppo con una sola tecnica, cioè, utilizzo quella tecnica finchè non raggiunge un esaurimento spontaneo.
2. Quando si è cimentata nell'animazione per la realizzazione della sigla della Biennale del Cinema di Venezia, ha seguito un processo creativo diverso da quello che sta dietro i suoi disegni "fissi", ha cercato atmosfere e ispirazioni diverse?
No, anzi, sono proprio partita guardando tutto quello che avevo fatto fino a quel momento, dai fumetti alle illustrazioni. ho scelto tutte le immagini o i particolari dei miei lavori che potevano sembrare dei frammenti di cinema. ne ho scartati una gran parte e i rimanenti li ho montati cercando una sequenza. successivamente ho lavorato all’animazione.
3. Ha dichiarato che in generale le piace di più disegnare i "cattivi". Ritiene che sia più facile riconoscere qualcosa di noi in questo tipo di personaggi?
Mah, quando un personaggio è riuscito può essere cattivo o buono ma è sempre un bel personaggio. il problema è che ci si riconosce sempre in quello più sincero, con più sfacettature caratteriali e molto spesso i “buoni” li si ritrae, per convenzione, monocaratteriali e neutri. molto noiosi. io in realtà ho detto che mi sembra che certi miei personaggi più cattivi mi riescano meglio. e poi, al fondo, non credo neppure che certi miei personaggi siano cattivi.
4. Qual'è il rapporto che lega i mondi creati daisuoi disegni e quello in cui viviamo?Sono universi paralleli o sono l'uno ladeformazione dell'altro?
Credo la seconda. per tutti coloro che raccontano qualcosa c’è una miscela di realtà e fantasia, più o meno mischiata. se si osserva con attenzione il lavoro di qualsiasi autore si scopriranno corrispondenze con la realtà in cui ha vissuto.
5. Nel mondo del fumetto la presenza delle disegnatrici è ridotta. Crede che sia una forma espressiva difficilmente in sintonia con la sensibilità femminile, che spesso si è espressa attraverso forme artistiche più"fisiche", o è solo un retaggio della tradizione?
La seconda, naturalmente. però vorrei sapere da te una cosa, anzi due, anche se magari la tua è una domanda retorica e cioè che contiene già la risposta:
1) perché il fumetto dovrebbe essere, come dici tu, una forma espressiva difficilmente in sintonia con la sensibilità femminile? il fumetto non è solo supereroi, macchine, pornografia maschile, western, pistolettate o roba del genere. forse è per questo preconcetto che molta gente (e non solo donne) non ha la curiosità di cercarsi dei fumetti vicini alla loro sensibilità. sì, perché il problema è andare a cercare… non è che trovi certi fumetti in edicola o al supermercato e magari neanche nella libreria sotto casa. a volte devi usare quello strumento infernale che è internet e comperare per corrispondenza quello che ti interessa.
2) cosa vuol dire che la sensibilità femminile è spesso espressa in forme artistiche più fisiche? dovresti farmi un esempio. io credo al contrario che più una forma espressiva è mentale più è retaggio di ambosessi
...non credo assolutamente che i fumetti siano solo una cosa da maschi come lei sembra suggerire nella sua risposta, tanto meno credo che i fumetti d'autore si comprino al supermercato (anche se forse potrebbe essere un'idea per venderne qualche copia in più).
La mia domanda nasceva da una considerazione: sia per un fattore generazionale, sia per interesse personale, sono molto più legata alla tradizione fumettistica giapponese, ai così detti manga, che sono al pari dei fumetti d'autore occidentali, una vera e propria forma d'arte. Nei manga non c'è squilibri fra donne e uomini per quanto riguarda gli autori e i disegnatori. Anzi, oserei dire che negli ultimi anni le donne stanno diventando la maggioranza. Hanno trovato un modo tutto loro di raccontare, uno stile proprio e un pubblico che le segue con costanza.
E non si vergognano di realizzare anche storie
"al femminile". Per questo mi chiedevo perchè
in Occidente ci fosse ancora questa carenza
di disegnatrici. Per quanto riguarda la parola "fisiche" io mi riferivo al fatto che dagli anni '60
a oggi le donne si sono espresse più spesso, in arte,
con forme espressive come la body art o la performing art, forme d'arte in cui la corporeità, la fisicità sono centrali, e in cui veniva spesso coinvolto il corpo dell'artista stessa. Sono stati scritti molti libri (anche da donne) sul legame tra l'espressione artistica femminile e l'uso della corporeità. Per questo volevo sapere se questo poteva essere un motivo per cui
le donne erano lontane dal fumetto.
6. Di solito c'è un netto divario di storie, atmosfere e toni tra il fumetto per ragazzie quello per adulti. Crede che sia possibile trovare un modo nuovo di raccontare ai ragazzi, farli avvicinare all'immagine in un modo meno convenzionale?
Se ai ragazzi si dà la possibilità di avere a disposizione buone storie a fumetti, che come tanta letteratura è per gli adulti ma può benissimo essere letta dai ragazzi - ma non solo fumetti: libri di pittura, di fotografia, di grafica, di illustrazione ma anche film ecc. - sono convinta che i ragazzi si avvicinerebbero in un modo meno convenzionale all’immagine. l’unica è che ne abbiano appunto, a disposizione, senza cioè l’imposizione di doverli leggere
7. Si parla spesso di crisi editoriale del fumetto, dovuta al basso numero di riviste e alla scarsa voglia di rischiare degli editori. Pensa che sia possibile usare nuovi mezzi per la diffusione del fumetto?
I mezzi di diffusione ci sono già, come il succitato internet e il problema è lo stesso che dicevo prima: le cose che interessano o interesserebbero, ci sono. è che vanno cercate. e poi sentiamo parlare il più delle volte di crisi solo quando un “prodotto” non ingrassa le tasche del grosso editore o del grande distributore. perciò chi ha soldi produce o distribuisce solo cose che daranno soldi, cose “certe” e “sicure”. Nel cinema la cosa è identica ma più deleterea: perché un bel film, un film che mi interessa molto spesso me lo devo vedere se sono fortunata in un cineclub (dove non resta che un giorno) ma più spesso a un festival o addirittura in dvd nello schermo di casa? Un film che è stato ideato per il grande schermo? La crisi che c’è, in realtà è di chi dice che c’è crisi per giustificarsi delle schifezze che produce o che legge. E' la crisi di chi non ha più voglia di nulla se non di guadagnare (l’editore o l’autore)
o di spendere poche energie (il lettore).
FRANCESCA GHERMANDI
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Intervista di Anna Bagnoli
Francesca Ghermandi è nata a Bologna nel 1964
e ha iniziato a pubblicare fumetti ed illustrazioni
per diverse riviste alla metà degli anni ’80.
tra i suoi libri a fumetti:
HIAWATA PETE (Granata Press, 1993),
JOE INDIANA (Comic Art, 1993),
HELTER SKELTER (Phoenix,1997),
PASTIL 1 (Phoenix, 1998),
PASTIL 2 (Phoenix, 1999),
PASTICCA (einaudi, 2003),
THE WIPEOUT (fantagraphics books, 2003),
GRENUORD (fantagraphics books, 2005; (www.fantagraphics.com)
Coconino Press, 2007),
Cronache dalla Palude (Coconino Press, 2010) .
Nel 2004, presso il Museo dell'illustrazione di Ferrara,
si è tenuta la mostra antologica
"Quella Teppa
dei miei amichetti",
con il catalogo edito da Mazzotta,
mentre nel 2006 alla galleria D406 di Modena
(www.d406.com),
ha avuto luogo la personale
UN’ESTATE A TOMBSTONE,
con il catalogo edito da Comix.
Ha inoltre realizzato una sigla animata
della Biennale del Cinema di Venezia.